giovedì 20 febbraio 2014

Indeterminato

Qualche mese fa avevo preparato un post in cui immaginavo questo giorno.
E' un po' diverso da come lo immaginavo, non credo di rendermi ancora conto della portata.
Ci sarebbe molto da scrivere su questo giorno, sulle implicazioni che comporta avere un lavoro a tempo indeterminato in questo momento storico, in questo paese.
E' come finire per sempre il momento di sospensione che durava ormai da troppo tempo.
E' come prendere l'ultimissmo treno per tornare a casa perché grazie a dio, quel treno era in ritardo e non dovrai passare tutta la notte in stazione.
La serenità che questa notizia comporta per la mia vita, la nostra vita, i nostri progetti, le nostre famiglie è qualcosa di davvero enorme.
E in un mondo ideale o anche molto meno ideale, non dovrebbe essere così.
Nella totale impossibilità di scegliere, ho un lavoro che mi piace, con prospettive, con migliaia di benefits di cui ancora non conosco nulla.
L'idea di averlo trovato in questo terrificante deserto mi conferma ancora una volta che al di là dell'impegno, dei primi capelli bianchi, è necessaria tanta, tantissima fortuna.
L'unica nota stonata dalla quale fatico a separarmi oggi è il velo di profonda tristezza per quella che era la mia situazione fino a ieri. Per chi, senza andare lontano il lavoro sta per perderlo, per chi è costretto a trucchetti per sopravvivere e per chi il lavoro l'ha già perso.




Della vita e della morte

Di Selvaggia lucarelli
 
Ieri ho scritto un post sulla Smutniak, sulla tragica meraviglia della vita che va avanti, visto che Kasia è incinta dopo la tragedia della morte di Taricone. Lo so che non esiste una classifica del dolore, ma in questa storia di elementi particolarmente dolorosi ce ne sono davvero tanti: Pietro e la sua giovane età, un successo stordente e poi la discesa, il paracadutismo che era una passione di Kasia trasmessa a Pietro, l'incidente con lei che si era lanciata subito dopo, la figlia che era lì, sul campo ad aspettarlo e la morte che era arrivata poco dopo. E poi una donna che s'è ritrovata vedova del proprio marito e ammogliata col dolore, il senso di colpa, la responsabilità di una figlia. Devastazione pura. Ora io mi domando. Come può certa gente misera e meschina venire qui a sputare veleno e bestialità varie, giudicando una donna a cui la vita ha concesso una seconda possibilità di felicità? Felicità per lei, per la figlia di Pietro e per la vita che sta per nascere. Che gente siete? Il lutto è un dolore, non una condanna. La morte di chi amiamo non va espiata con l'infelicità di chi resta, poveracci che non siete altro. L'amore per chi si è perso si ritrova nella vita che va avanti, nei nuovi pezzi che la compongono, nei ricordi che si mescolano al nuovo. E nell'incanto di una pancia che cresce, che si fa rotonda, dopo che la vita l'ha presa a morsi.
Davvero, siete dei poveracci. E a voi una seconda possibilità la vita non la concederà mai, perchè con la veletta nera sugli occhi per esibire il lutto, guardate solo la terra che calpestate, senza accorgervi della meraviglia del cielo che cambia sulla vostra testa.
Siete già dei morti, che giudicano chi sceglie, con coraggio, di celebrare la vita, pur conoscendone la crudeltà meglio di voi.
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